Il nesso Torino-Bari – che abbiamo
già individuato
nell’atto fondativo di «Humanitas» – può essere
colto nella sua reale portata solo se si tiene presente il contributo
che, in termini di articoli, l’altro operaio tipografo diede
alla Gazzetta di Pesce. Basti pensare alle settantadue lettere (minute) – conservate
nell’Archivio Mario Gioda, depositato presso la Biblioteca
civica ‘A Mai’di Bergamo – che Gioda inviò a
Pesce nell’arco di tempo che va dal gennaio del 1912 alla metà del
1915.
Sin dalla prima lettera, Gioda rivendica il rapporto di filiazione
fra l’«Humanitas» e la rivista torinese: «Ti
dico subito che può migliorare. Ora si mantiene come già la
R.d.d. un’espressione decisa di volontà. Tra le nebbie
del conformismo d’oggi è già assai».
Richiamandosi in generale ai canoni del naturalismo francese e, in
particolare, al libro del suo maestro Paolo Valera Milano sconosciuta, Gioda
pubblica nel 1914 il libello Torino sotterranea, in cui
denuncia le condizioni dei poveri e dei diseredati torinesi.
Per quel che riguarda il taglio dei suoi articoli, Gioda si schiera
con il suo direttore nella polemica contro i socialisti riformisti
guidati da Turati; appoggia i repubblicani e la sinistra socialista
che fa riferimento a Mussolini; e, infine, aiuta
Pesce nel denunciare lo scandalo dell’Acquedotto
Pugliese.
Sin dalla prima lettera inviata a Pesce, Gioda si lamenta della miseria
che lo «afferra alla gola» e che lo «obbliga a
considerare persino i centesimi».
Le sue condizioni economiche sono comunque destinate a migliorare a partire
dal 1915, quando inizia la sua collaborarne con «Il Popolo d’Italia».
Si tratta di una collaborazione che comporta comunque un suo distacco da «Humanitas» che
viene giustificato dalle sue precarie condizioni economiche: «Purché possa
tirar fuori qualcosa che puntelli la mia critica situazione – la quale – caro
Piero – agevolmente mi fa comprendere il tuo dolore e le ore febbrili
che vivi nell’impresa editoriale e giornalistica di ‘Humanitas’.
Non ti prometto, non ti invio nulla per ora … Ma non ti dimentico né dimenticherò la ‘Gazzetta’».
Su invito di Mussolini, Gioda parteciperà come volontario
alla Grande guerra e invierà le sue corrispondenze dal fronte
al «Il Popolo d’Italia». Tuttavia nel settembre
del 1916 verrà congedato per gravi motivi di salute. Sempre
nello stesso anno, termina la sua corrispondenza con Pesce.
Nel 1919 Gioda aderì al movimento fascista: fu, comunque,
un fascista libertario. Fu sansepolcrista e, dopo essere diventato
segretario del Fascio di Torino, denunciò l’illecito
arricchimento della famiglia Agnelli e, per di più, si oppose
alle violenze fasciste. Fu eletto deputato nelle elezioni del 1924,
ma mori dopo alcuni mesi.
Lettera n. 1 – Gioda
a Pesce
4 gennaio 1912
Caro Pesce,
una costipazione tremenda mi ha immobilizzato per le feste ed impedito
tra l’altre cose di rispondere alla tua gentilissima chiamata.
Ho ricevuto a tutt’oggi 5 numeri del giornale. Ti dico subito
che può migliorare. Ora si mantiene come già la R.d.d.
un’espressione decisa di volontà. Tra le nebbie del
conformismo d’oggi è già assai. Io sono occupato
a due lavori uno dei quali biografico (Paolo Valera nel giornalismo
e nella letteratura naturalista) e pel quale cerco un editore. Per
ragioni di tempo, difficilmente potrei seguire Riviste e non so consigliarti.
Potrei garantirti la mia collaborazione assidua pari a quella che
ho esercitato per la R.d.d. ma nelle condizioni disperate in cui
mi trovo mi sarebbe impossibile ora senza un minimo compenso. E ciò non
per spirito di Creso – come dissi a Grandi – ma proprio
perché la miseria che mi ha sempre sballottato di qua e di
là ora mi afferra alla gola e mi obbliga a considerare nel
suo valore persino i centesimi. Non so se riuscirò a salvarmi.
D’altronde, caro Pesce, è quello che capita sempre a
coloro che non hanno idee commerciali.
In attesa, una stretta di mano.
Mario Gioda
Potrei riprendere le chiacchiere perdute!
Lettera n. 2 – Gioda
a Pesce
29 febbraio 1912
Caro Pesce,
sono fuori dal letto da pochi giorni. Per quanto la febbre dell’influenza
mi abbia indebolito posso nondimeno attendere al lavoro. Non ho più visto Humanitas dal
n. 5. Qui a Torino non la si trova in nessuna edicola. Invierò presto qualcosa.
Le note brevi che mi indicasti nell’ultima tua mi sembra possano
soffrire d’attualità inviandotele io da Torino. E’ questione
di tempo. Per me è indifferente. Certo che i miei articoli
sono dell’impressionismo. E’ la mia scuola. Il mio io
lo evito. Le idee dei personaggi passano. Io ritraggo l’ambiente,
lo rivelo al lettore, che cerco circondare di documenti senza velami
di fantasie celebrali. Studia il giornalismo inglese e sarai con
me.
Plasmati i miei gusti nell’officina del naturalismo di Paolo Valera,
ho un culto pel chroniqueur che sul suo carnet sa tradurre
l’impressione vera e colta dei luoghi dove passa e delle persone
che esamina. Il resto non è affar mio.
Tuo con affetto
Mario Gioda
Lettera n. 3 – Gioda a Pesce
17 marzo 1913
Carissimo Piero,
grazie della tua gentilissima. Voglio sperare le condizioni di salute
siano migliorate. Portiamo tutti la nostra croce. E’ difficile
che mia moglie possa scansare l’operazione. E’ un dolore
continuo. Basta. Vedremo in seguito e ti informerò.
Senti bene. Avrei intenzione di portare sulla Folla la questione
Acquedotto Pugliese. Leggo avidamente i tuoi lucidissimi articoli.
Però non sono nel cuore della questione. Non saprei su quali
spunti particolarmente insistere e scuotere con violenza o su quali
uomini politici concentrare lo scandalo. Mandami qualche nota sommaria.
Segnami in margine al tuo opuscolo i punti più interessanti.
Per intanto questa settimana con un articolo, in cui mi terrò sulle
generali, inizierò follaiolmente il dibattito. E’ tempo
di infrangere questo cerchio di silenzio intorno alle tue accuse.
Ne hai diritto. E qui, credimi, non è l’amico che
parla, ma il collega».
Domattina martedì spedirò una breve corrispondenza,
trattata come mi scrivi sinteticamente. Vedi se puoi ritornarmi quella
non inserita e da me inviata il giorno 29 n. s.
In seguito manderò articoli, come già all’inizio
della mia collaborazione alla Gazzetta.
L’amico Piero poi ha colto nel segno dolorosamente. Infatti
mi trovo in una situazione così penosa finanziariamente da
non dirsi. La presente è, a capire, solo per te. Non credo
che arrossirei della mia miseria, ma perché questa dà diritto alla
nostra società di svalutarci più facilmente. Narrarti
i dettagli della mia vita mi pare un artificio per shoccarti. Domanda a
Pasquale. Egli sa. Un mese fa da lui ho accettato un prestito di
20 lire che il suo buon cuore volle offrirmi poiché mi trovavo
con 24 soldi in casa, la moglie a letto, e bisognoso di tutto: dalle
medicine al vitto!
Ad ogni modo accludo, a questo mio premurosamente la nota n. 38.
Così posso aggiungere a mio credito qualche lira in più delle
9.82, che risultano dalla nota antecedente.
Fai tu, se lo puoi e lo credi, pel resto, cioè, per qualche
modesto anticipo del mio lavoro, ma senza ombra di disturbo, naturalmente.
Ti raccomando solo di farti vivo in giornata, cioè appena
riceverai questa nota. E il perché mi pare…d’averlo
già accennato!
Con un abbraccio e un mondo di scuse
sempre tuo aff.
Mario Gioda
Lettera n. 4 – Gioda a Pesce
4 aprile 1913
Carissimo,
grazie in ritardo del vaglia. Ne ho segnato l’importo. Spero
avrai scusato la mia premura dovuta a circostanze non troppo liete.
Ho visto che hai accennato alla pagina della Folla su l’A.
P. Ti ringrazierò quando mi farai avere il materiale per
proseguire perché così come mi trovo, povero di documenti
e di conoscenza del problema, sarei e potrei essere facilmente distrutto.
Vero è che all’uopo non mancheresti di intervenire.
Valera anzi desiderebbe avere lo scandalo dell’A. P. riesumato
da te stesso. E’ poi mia personale impressione che come pubblicista
la campagna mossa contro i responsabili dell’immane carrozzone
sia da te condotta troppo cavallerescamente, troppo – non so
se riesco a spiegarmi – educatamente. Sei troppo generoso.
In casi simili sono le pedate e le vociate che occorrono per affrettare
l’interessamento pubblico. Con certa gente poi che ostenta
un’insensibilità morale elefantesca, i riguardi e la
cautela eccessiva non possono essere nella penna dell’epuratore.
Tuo con affetto
Mario Gioda
Lettera n. 5 – Gioda a Pesce
Torino, 6 gennaio 1914
Carissimo Piero,
(…).Ti invito a leggere attentamente Volontà.
Il numero 29 (articolo di fondo) deve interessarti certamente. Ti
invito a presentarti al Malatesta a nome mio. E’ un agitatore
sul serio ed ha dei progetti ottimi che includono l’attività… di
tutti i rossi. Conoscendo Malatesta conoscerai un vero apostolo,
un uomo che pare un anacronismo in questi tempi ansiogeni, volgarucci
e apatici. Come il Cipriani, il Malatesta è massimamente
temprato alla rivoluzione, a suo sostegno non altro che la sua
fede. Sì è veramente superbo il vederlo così gigante
in uno sviluppo esteriore tanto modesto! Cercalo. Mi ringrazierai
di averlo conosciuto.
Con un abbraccio tuo
M. Gioda
Ricevo la tua. Grazie. Coraggio.
Lettera n. 6 – Gioda a Errico Malatesta
11 febbraio 1914
Carissimo Errico,
Piero Delfino Pesce mi scrive di una tua prossima andata a Bari.
Non mi resta che raccomandarti di non trascurare assolutamente, di
stringere la di lui conoscenza. E’ il Pesce più che
un amico fratello di quell’ing. Gallo che udisti al comizio
di Torino e di cui ti parlai varie volte. Sono sicuro, data l’elevatezza
dell’ingegno e l’anima schiettamente rivoluzionaria dello
scrittore di Humanitas, che, conoscendolo, mi ringrazierai di avertelo
presentato. E’ veramente una persona superiore e che all’uopo
può veramente lavorare con noi. Ricorda che abita in Mola
di Bari. Puoi lasciargli appuntamento passando alla libreria sua
in via Beatillo in Bari o sen’altro scrivergli del tuo preciso
arrivo.
Scrivimi, se puoi 5 minuti
Sempre tuo
Mario Gioda
Hai visto la reclame Volontà alla mia Torino
sotterranea?
Ciao
Lettera n.
7 – Gioda a Pesce
13 luglio 1914
Caro Pierino,
credo non avrai difficoltà a pubblicare questo breve cenno
sul volumetto edito dal Formizzari, cioè dal tuo concorrente.
Avrei desiderio di occuparmi del vol. dell’Allevi1 e dell’Orano2
da te pubblicati, ma ne sono privo. Procurameli e te li censirò.
Con l’allontanamento dell’Errico e del Fabbri sono costretto
a rallentare la mia attività per Volontà.
Non so se mi leggi o se mi conosci tra le righe.
Debbo dirti che ogni giorno io e mia moglie cerchiamo in portineria
una tua desideratissima, ma inutilmente! Un po’ di tua sollecitudine
e puntualità mensile, come già ti ho accennato
altre volte, non puoi immaginare come mi tornerebbe utile a casa
mia!
Con affetto tuo
Mario Gioda
1) G. Allevi, La crisi del socialismo, Bari, ed. Humanitas,
1913.
2) P. Orano, La rinascita del’anima, Bari, ed. Humanitas,
1914.
Lettera
n. 8 – Gioda a Pesce
Torino, 20 settembre 1914
Caro Pierino,
siamo daccapo!
Hai colto precisamente il segno: mi trovo cioè in un caso
di urgentissimo bisogno. Già te l’avevo scritto ultimamente,
in occasione consimile all’odierna: io non posso più vivere
così, alla ventura. Ho dei doveri. Tirerò, mi son detto,
al diavolo penna e giornali se questi non mi permettono, sia pure
modestissimamente, di sbarcare il lunario. Pochini, ma sicuri e mese
per mese. Altrimenti, sono obbligato, non di proposito mio, a cercare
di procurarmi il pane diversamente. L’impiego non mi frutta
che 100 lire mensili. Io solo devo sopperire, per tre, a tener dritta
la baracca. Mi comprendi? Da troppi anni ho trascurato la famiglia
pei giornali e per l’idea. Ora la materialità della
vita – non per la mia! – mi impone d’agire diversamente.
Se il giorno lavoro – tu sai in quale sfera è costretta
vivacchiare la mia penna – non può aiutarmi, ebbene,
felice notte. Così dal primo del mese fino al 15 lavorai dalle
14 alla mezzanotte ininterrottamente. Fino alle 20 all’ufficio.
Dalle 20 alle 24 in teatro come segretario di una comp. drammatica.
Ed ora? Ora cerco. Ma per quanto buona volontà sia in me,
se lavoro pel teatro o per ogni qualunque extra ufficio, non posso
più produrre per il giornale. E’ chiaro. Le mie forze
sono limitate. Così ho sospeso di inviare alla Folla. Valera è sempre
e sarà sempre il mio grande amico ma mi dimentica troppo spesso.
Io conosco la sua vita e posso dirti che se mi trascura se non osserva
la puntualità nel mandarmi denaro pel mio lavoro, è segno
che può fare a meno della mia opera. Per qualche tempo settimanalmente mi
pagava – annaspando per la miseria della sua [illeg.],
mi scriveva – quanto gli inviavo. Dopo è ricaduto nell’amnesia.
Così aspetto che si faccia vivo anche lui e poi gli scriverò quanto
adesso vado scrivendo. In quanto agli altri giornali, invierò loro
quanto avrò tempo e crederò mio dovere inviare, Volontà esclusa.
I dissensi teorici attuali – l’accusa di patriottismo
non può che onorarmi – hanno fatto sì – dopo
tutti i sacrifici di spese postali, di tempo, ecc., solamente dopo
l’assenza di Errico, da me sostenuti –, che quei compagni non
mi hanno gratificato nemmeno del saluto o benservito che l’ultimo
giornale borghese rilascia all’ultimo dei suoi facchini per
l’opera compiuta. Infine poi sono stufo anche di queste periodiche
mie geremiadi. Io mi trovo in tale bolletta da non osare nemmeno
di estogliere al portamonete della moglie i 15 centesimi per inviarti
la presente. Scusami; dunque caro amico, vogliami bene, comprendimi
e rispondimi svelto e preciso.
Tuo
Mario Gioda
P.S.
Perché non mi trovi un giornale della tua regione che mi assuma
quale corrispondente? Le condizioni potresti farle tu. Studia la
cosa.
Lettera n. 9 – Gioda a Pesce
12 agosto 1915
Caro Piero,
grazie delle tue preziose parole. Io sono occupatissimo col Pop.
d’It. Ma non importa! Purché possa tirar fuori qualcosa
che puntelli la mia critica situazione – la quale – caro
Piero – agevolmente mi fa comprendere il tuo dolore e le ore
febbrili che vivi nell’impresa editoriale e giornalistica di «Humanitas».
Non ti prometto, non ti invio nulla per ora … Ma non ti dimentico,
né dimenticherò la «Gazzetta». Grandi
mi favorì qualche volume di tua edizione. Grandi però non
ha i libri di Malebranche, ed io ho desiderio di leggerli nella edizione «Celum».
Ricevo due copie della gazzetta. Grazie degli arretrati.
Manca però alla mia raccolta della gazzetta il n. 23 del
corrente anno. Mentre l’attendo, t’abbraccio con affetto
Mario Gioda
Lettera n. 10 – Gioda a Pesce
26 settembre 1916
Caro Piero,
ti invio queste poche parole su Gigi Neri1 per la tua Gazzetta che
leggo sempre volentieri. I sanitari del 7° bers. non vollero
saperne di me e mi ritornarono – con grande mio dolore – a
casa.
Tuo
Mario Gioda
Se pubblichi, ti prego di farmi avere 4–5 copie della Gazzetta
per distribuirla ad amici.
1) La mia ricerca inerente alla figura di Gigi Neri, al momento,
non ha sortito alcun risultato.
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